Quando ti spingi troppo verso l’alto è un attimo … e cadi giù! È la torre di babele che, come cantava Bennato quasi 50 anni fa, continuiamo a costruire, “sempre più grande, sempre più alta e bella”, perché, tutto sommato, ci sentiamo ancora i padroni della terra e, puntualmente, più ci affanniamo ad andare verso l’alto, più precipitiamo verso il basso.
La canzone di Edoardo la ricordano tutti, forse non molti, però, avranno presente la copertina del disco dall’omonimo titolo. Si vede una torre, a forma di piramide, composta da vari elementi in sequenza, che raccontano la storia dei guerrieri e delle armi, dagli archi alle lance, dalle palle di cannone ai missili terra/aria.
Il messaggio è chiaro, più vuoi sostituirti a Dio, più escludi l’altro dalle tue relazioni, più ci sono scontri. Perché la maggior parte dei conflitti nasce dall’incapacità di comprendersi.
Arriva Gesù, si impegna per qualche anno, ma non se ne va prima di aver trovato una soluzione … la Pentecoste! Grande festa in riparazione alla torre di babele, perché se lì si ‘imbrogliano’ le lingue, con la discesa dello Spirito Santo accade una cosa strana, la distinzione tra culture resta, ognuno continua a parlare la sua lingua, ma stranamente si comprendono lo stesso e le diversità culturali, finalmente, diventano per un giorno, ricchezza e scambio reciproco.
Poeticamente verrebbe da dire che è la forza dell’Amore, questo Spirito che per definizione è Dio. Di fatto, però, con i tempi che corrono, il ‘piccione’ spesso si ammala e, tante volte, si ‘intossica’.
La Pentecoste! Sarebbe davvero un gran momento per la Chiesa, se non fosse per il fatto che sembrerebbe nascondersi dietro delle mura che, ironia della sorte, esistono realmente, a rappresentare simbolicamente la difficoltà di passare da istituzione a popolo.
L’immagine che torna utile per raccontare questa storia è quella dell’albero con un fusto solido e tanti rami, di diversi spessori e varie lunghezze, che pur andando in direzioni diverse, sembrerebbero tutte verticalizzare verso l’alto, cercando il sole, fonte della vita.
Penso all’anno santo e, in particolare, al giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle aggregazioni ecclesiali, che si celebra questo fine settimana a Roma e che ha ispirato l’immagine dell’albero. Mi viene in mente quando, negli oratori dei grandi quartieri, per cercare di mettere un po’ di ordine tra i diversi gruppi, si coniò uno slogan che più o meno suonava così: ‘Tutti insieme in oratorio, per annunciare il Vangelo in tanti modi diversi’.
Mi piace immaginare che la scelta non sia stata casuale e che si sia decisa la Pentecoste proprio per sottolineare come lo Spirito Santo può soffiare come gli pare, suscitando forme sempre nuove per rendersi presenti come Chiesa nel mondo contemporaneo.
Qualche anno fa, proprio ai tempi dei gruppi e delle GMG vissute dall’attuale generazione di cinquantenni, c’era una canzone dei Gen Rosso che andava forte perché esprimeva il disagio dei giovani ad accogliere la novità, giustificando una presunta assenza dello Spirito. La prima strofa dice così:
Dove sei? Perché non rispondi?
Vieni qui. Dove ti nascondi?
Ho bisogno della tua presenza.
È l’anima che cerca te.
Sarà che sono stato sempre convinto che, per comprendere la vita, a volte bisogna sforzarsi di guardarla al contrario, ma mi piace pensare che, a questo punto, è lo Spirito che si rivolge all’essere umano, proponendogli cose nuove, senza ricevere risposte.
Tu, dove sei? Perché non rispondi all’Amore? Vieni qui, non nasconderti e lasciati andare alla creatività dello Spirito. Ho bisogno della tua presenza per sentirmi Madre. È l’anima, fatta di puro Spirito, che ti cerca. E non scandalizzarti se accompagno la mia pazzia mettendo gli orecchini, portando i tatuaggi e indossando i blue jeans stracciati, apparirò pure borderline, ma tu mi ami per questo, perché sempre Io Sono.