La domenica del buon pastore e le vocazioni
La domenica del buon pastore, così chiamata perché Gesù utilizza l’immagine, più familiare in quel tempo, del gregge, delle pecore e, appunto, del pastore che le cura. Da 62 anni a questa parte, in questa occasione si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
Per quanto siamo tutti d’accordo che il termine vocazione voglia intendere qualsiasi chiamata alla vita vissuta in pienezza e, quindi, ogni possibile missione che passa attraverso l’azione umana, di solito, in questa occasione, si prega per le vocazioni intese nel senso stretto del termine, ossia per i giovani che accolgono la proposta della vita sacerdotale.
Se le cose stanno così, stiamo messi male! La crisi globale ha coinvolto anche i preti e prendersela con lo Spirito Santo sarebbe imbarazzante. Avrebbe tutta la nostra comprensione se si fosse stancato di chiamare in questo modo, ma, per ora, continuiamo a dire che il Pastore continua a provarci, ma le pecore non ascoltano la sua voce, forse anche perché non preghiamo bene … se questi sono i frutti!
Il lupo a guardia delle galline
Ad ogni modo, la grande novità di questa domenica, oltre il fatto che siamo nell’anno giubilare, è che, a quanto pare, la Chiesa ha deciso di affidare la custodia del gregge al Leone. L’immagine è fortemente provocatoria. Come se mettessimo il lupo a guardia delle galline. In effetti, però, non dobbiamo dimenticare che il leone è un’icona solida nella tradizione cristiana e, riferita agli evangelisti, da sempre è usata per rappresentare la forza della resurrezione del vangelo di Marco.
Se, quindi, il riferimento è a Leone XIII, a questo primo messaggio chiaro orientato all’impegno per la giustizia sociale, si affianca un altro segno importante come, appunto, il fatto che stiamo nella fase della Resurrezione … il tempo di Pasqua.
Dimmi che segui Francesco senza dirmi che segui Francesco
Parafrasando gli ormai diversamente giovani di facebook, sembrerebbe che Prevost abbia lanciato una nuova tendenza: dire che si è sulla linea di Francesco, senza dire che si è sulla linea di Francesco.
Non si chiama Francesco II, quindi i cosiddetti tradizionalisti possono stare tranquilli; non si chiama Benedetto XIV, per tenere buoni i progressisti; neanche si chiama Giovanni Paolo II, per accontentare i moderati. No! Il suo nome è Leone XIV: per rasserenare i tradizionalisti che guardano alla Chiesa del passato; per rimandare al magistero sociale, che, moderatamente, mette d’accordo tutti; per continuare a ‘scrivere’ una storia dettata, negli ultimi anni, da papa Bergoglio ai suoi seguaci, come frate Leone con Francesco d’Assisi.
Tom e Jerry for ever
Ci voleva un Leone a guidare delle pecore! Perché i cristiani sono sempre meno cattolici e i cattolici sempre meno cristiani, così, gli stessi che si professano credenti abbassano la testa e, senza accorgersene, vanno tutti nella stessa direzione, indicata dall’opinione pubblica, dal ‘così fan tutti’, dal politicamente corretto.
Per capirci, è un po’ come Spike, il bulldog che interviene a difesa di Jerry e difende il topolino ‘indifeso’ dal gattone prepotente. Nella ‘realtà’, però, sappiamo bene che Tom perde sempre e il tutto si consuma in un uno scambio di ruoli che lascia un’incognita su chi sia davvero il bullo di turno.
Allo Stato che deve difendere i cittadini da se stessi, si affianca la Chiesa che, a sua volta, deve proteggere la comunità umana dal forte istinto autolesionista che la caratterizza. La sfida è davvero difficile, non bastavano gli strumenti convenzionali, propri degli ultimi decenni, serviva di più … ci voleva un Leone.
L’intelligenza artificiale
Interessante il discorso di ieri (venerdì successivo al giovedì dell’elezione) ai cardinali e il riferimento all’intelligenza artificiale. Non un pericolo, ma una sfida da accogliere, un’opportunità da comprendere. Così ho chiesto all’AI cosa pensava della domenica del buon pastore e, in 5 secondi, ha preso il mio posto e … ‘mi ha fatto la predica’.
L’AI mi ha ricordato che se voglio essere una brava pecora devo saper riconoscere la voce del mio pastore e, quindi, come bravo cattolico, seguire papa Leone XIV. Ma mi ha anche detto che il buon pastore si sacrifica per le sue pecore e, quindi, dovendo tutti, chi più chi meno, travestirci all’occorrenza da pastori, siamo anche chiamati a spenderci per gli altri, poiché non si vive per lavorare, ma si lavora per far vivere meglio gli altri, coloro che necessitano della nostra prossimità.
La Messa è finita …
Torniamo a casa dalla Messa e apprendiamo dal TG che papa Leone si è rivolto ai giovani, sottolineando che abbiamo bisogno di loro. Parlava di vocazioni … sarò disfattista, ma penso che nella sua prima domenica da Papa, a due giorni dall’elezione, è entrato già nel personaggio e, da bravo Leone, l’ha sparata grossa, forse quasi come l’auspicio che finisca il conflitto a Gaza.
Non ci resta che accogliere le sue indicazioni, imparare a riconoscerlo, fare qualche piccolo sacrificio e, per quanto è possibile, con i fatti, amplificare la sua voce perché possa arrivare ovunque ci sia una pecora che (non) ha paura.