Lo sviluppo delle aree interne: un’impresa possibile per la Chiesa

Posted on Maggio 4, 2025

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Lo sviluppo delle aree interne: un’impresa possibile per la Chiesa

O quatt’ ‘e maggio

Una domenica all’insegna do quatt’ ‘e maggio! Per chi non lo sapesse, nella tradizione napoletana, si utilizza questa espressione per indicare la confusione che si crea nel giorno degli sfratti, quando, a scadenza di contratto, le famiglie erano costrette a traslocare.

L’espressione, che ha una storia antichissima, è giunta fino ad oggi e, nel tempo, è stata estesa anche ad altri aspetti della vita, per indicare la fine di un percorso, una relazione, un’amicizia. In senso ancora più ampio, poi, viene usata per intende un giorno di grande confusione, dove le strade di ingolfano per il ‘via vai’ delle persone.

Sotto questo ultimo punto di vista, in effetti, a Napoli ormai è tutti i giorni “o quatt’ ‘e maggio”, ma questo è un altro discorso, anche perché la pagina del Vangelo ascoltata in chiesa ci colloca altrove, sul mare di Tiberiade, insieme a Pietro e compagni, impegnati in una ordinaria giornata lavorativa di 2000 anni fa.

La ‘confusione’ arriva quando da quella prospettiva facciamo un salto e giungiamo ai giorni nostri per cercare di rileggere, alla luce di quel messaggio, la storia odierna, dove protagonisti siamo noi che, con la Chiesa, navighiamo per le acque prosciugate del nostro territorio.

Il giubileo degli imprenditori

Oggi, 4 maggio 2025, la Chiesa universale, orfana di papa, celebra il giubileo degli imprenditori, dopo aver accolto, in settimana, per l’anno santo, i lavoratori. Impresa e lavoro, due concetti che vanno a braccetto, capisaldi del magistero sociale dei nostri tempi.

Rileggendo, in questa prospettiva, il vangelo della 3a domenica del tempo di Pasqua, in effetti ci troviamo difronte ad una giornata lavorativa giunta al termine, dove l’impresa di famiglia, dedita alla pesca, ha subito un arresto, poiché la giornata è andata male.

Gesù si interessa, entra in scena con una domanda apparentemente ingenua: “non avete nulla da mangiare?”. Alla risposta negativa, entra nel merito dell’attività lavorativa e suggerisce un cambiamento: “gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. Così accade, trovano da mangiare, non solo per Pietro e i suoi sette ‘dipendenti’, ma anche per gli altri.

Questa è l’impresa per la Chiesa, non un’attività per permettere all’imprenditore di avere la casa a mare e la Ferrari, ma un progetto finalizzato al bene comune che, per quanto è possibile, passa anche attraverso l’offerta di lavoro.

L’impresa come strumento pastorale

L’impresa, dal punto di vista ecclesiale, diventa, così, uno strumento pastorale che la Chiesa può acquisire nella sua azione di evangelizzazione a favore dei giovani e non solo. Un’ipotesi solo apparentemente azzardata, che i vescovi italiani compresero quando nel 1995, esattamente 30 anni fa, si incontrarono a Policoro, un paese della Basilicata, per confrontarsi su come calare il Vangelo in un contesto sociale, quello del mezzogiorno d’Italia, fortemente segnato dalla piaga della disoccupazione e dalla conseguente fuga dei giovani.

Giovani, Vangelo e Lavoro … questo fu lo slogan coniato all’epoca, che ha accompagnato, in questi tre decenni, il Progetto Policoro, nella convinzione che ‘il lavoro non si cerca ma si crea’. Così, la Chiesa italiana, molte diocesi e, purtroppo, solo qualche parrocchia, hanno accolto questa sfida, rivedendo la loro azione pastorale nello spirito del tempo di Pasqua, tempo di resurrezione.

Questa spinta, come al solito in ritardo, arriva nelle nostre zone grazie al vescovo Mugione che, giunto a Benevento nel 2006, provò ad attivare il progetto Policoro nel Sannio.

Un’eco giunse anche nella nostra comunità, ma si è rivelato essere un timido tentativo, gestito male e naufragato per l’interesse di pochi.

I tempi, però, stanno cambiando, la Chiesa evolve, in un arco di tempo relativamente breve siamo passati da Giovanni Paolo II a Francesco, attraverso Benedetto XVI e, ora, attendiamo il nuovo Papa che, inevitabilmente, porterà una ventata di novità, desiderata e, speriamo, non disattesa.

A livello locale il vescovo Accrocca si sta facendo sentire sul fronte delle aree interne. Assorbita dalla morte del Papa è passata in sordina l’ennesima visita al presidente Mattarella, per parlare di sviluppo dell’entroterra. Intanto, però, dal basso, la comunità credente, continua a lavorare, tra tante difficoltà, spinta dal dovere di agire nella carità, non perché dobbiamo operare nella caritas, ma perché ce lo chiede il Vangelo.

Giornata Bambini Vittime

Oggi, 4 maggio, si celebra anche la XIX “Giornata dei Bambini Vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza, contro la pedofilia (GBV)”. Vogliamo collegare questa attenzione della Chiesa per le fasce più vulnerabili al discorso che stiamo portando avanti, ricordando che è possibile trasformare l’impegno cristiano a favore della tutela dei minori, ordinaria e scontata attività pastorale, in un’impresa sociale, al servizio e con il supporto delle fasce più deboli.

Cosa significa, ad esempio, adoperarsi affinché si possano aprire delle comunità educative a dimensione familiare? Prendere in mano la situazione e rispondere, alla luce dell’insegnamento della Chiesa su lavoro e impresa, almeno a tre questioni di forte impatto sociale: la difesa dei minori, l’occupazione, lo spopolamento delle aree interne.

Stiamo perdendo tempo, frenati dall’immobilismo dettato dalla logica dell’opportunismo. Intanto siamo costretti a vedere sprecato, almeno per il momento, il grosso potenziale che il territorio esprime, perché anestetizzati dalle nostre rigidità e incapaci a fare rete.

Conclusione: la Chiesa strumento di salvezza?

Eravamo tutti d’accordo, quando si studiava, che la Chiesa fosse uno strumento di salvezza. Nei fatti sembrerebbe che non ci crede più nessuno, soprattutto i preti. Cosa possiamo fare?

Lasciarsi andare a sua maestà l’opinione pubblica significherebbe annunciare la propria sconfitta. Accogliere il nuovo Papa, chiunque esso sia, continuando ad impegnarsi su questi fronti significherebbe, invece, apportare un contributo concreto al progetto di Dio che, passando attraverso la Creazione, vede l’essere umano protagonista del cambiamento.